domenica 1 marzo 2015

ASCOLI PICENO DOWNTOWN - SOTTILI EQUILIBRI SOCIOANTROPOLOGICI




La sottoscritta vive IN Ascoli.

Alla fine delle scuole superiori ero tutta un fermento, non vedevo l'ora di andare via e di scoprire forme di vita al di fuori dei confini del Tronto e del Castellano, espressioni dialettali che rimpiazzassero adeguatamente l’imprescindibile ARUSCTA FURIA e l'ermeticissimo SCI OH, alimenti che potessero essere tanto perfetti quanto una pallina fritta fatta di oliva, carne, formaggio e panatura.

Dopo 5 anni a Perugia, vari viaggi, mille incontri e 7 mesi in Giappone, torno a casa.

Per scoprire che “no place is like home”.

Sia chiaro, Ascoli Piceno ha i difetti che ha, che sono molteplici. Ma solo abbandonando ciò che è di nostra abitudine, troviamo un’angolatura diversa che ci mostra, all’improvviso, prospettive che non avevamo modo di cogliere prima.

Partite, viaggiate, gustate pietanze mai provate, parlate con sconosciuti, imparate una nuova lingua, scoprite il diverso.
Vedrete che, così facendo, l’occhio si affina, la mente diventa più ricettiva, l’empatia nasce spontanea.

Ebbene, una cosa di cui mi sono convinta nel corso del tempo è che il centro di Ascoli Piceno è un girone dantesco non indifferente.

Vi informo che seguiranno una serie di opinioni personali sui soggetti e sui locali che così tanto caratterizzano le strade del capoluogo Piceno.

Le mie certezze del sabato e della domenica ascolani partono senza meno dal concetto di APERITIVO.

Non c’è e mai ci sarà un fine settimana senza aperitivo.
Che sia un aperitivo al volo, un aperitivo pre-cena, un aperitivizzare duro, un aperitivo lungo che finisce alle sei di mattina sulla tazza del cesso o un perenne aperitivo state of mind, l’aperitivo regna incontrastato nei nostri weekend e così per sempre sarà, amen.
Voi dove andate a fare aperitivo ad Ascoli Piceno?
Io, personalmente, nell’80% dei casi vado al DOC&DOP.
Nel caso non lo conosciate,  è una piccola degusteria, quel punto di luce tra Piazza del Popolo e Piazza Roma.
Non c’è nulla, e sottolineo NULLA, al DOC&DOP, che non trasudi qualità.
Qualità dei vini, qualità del cibo, qualità dell’arredamento e, soprattutto, qualità delle persone.
E, comunque, sarà che io sono un po’ cretina, ma già quando mi vedo arrivare gli stuzzichi serviti su mini pentoline e con mini posatine vado in brodo di giuggiole e riscopro la palla di ciccia di 5 anni che il 25/12/1992 svegliò tutto il quartiere a suon di “UIII UIII UIIIII” perché aveva ricevuto il tanto agognato cucinotto Nuovelle Cuisine.
Alla soglia dei 30 anni scopro allora che Babbo Natale in realtà si chiama Laura, non pesa 120 Kg, non ha la barba e nemmeno il vestito rosso.
Il suo hobby non è calarsi giù dai camini, ma la degustazione di vini.
Per lo meno lei non mi mette nella lista dei bambini cattivi se prendo la gazzosa o il chinotto al posto di un bicchiere di Pecorino, ma sa sempre consigliarmi il vino adatto nei miei giorni più alcolici.

Questo non vuol dire che io tradisca anni ed anni di relazione intramontabile con il CENTRALE.
Lasciatemelo dire, l’unico locale grande 2x2 metri che ha una clientela che potrebbe fare benissimo occupazione di Piazza del Popolo.
Una delle costanti della mia gioventù è stata “Ci si vede alle dieci al Centrale”.
Il centrale è indiscutibilmente il buco nero del weekend.
Perchè tutto orbita intorno al Centrale e ne è attratto.
Questo locale a volte ti risucchia e, per strani meccanismi della fisica quantistica, dopo un lasso indefinito di buio, ti ritrovi magicamente a vomitare in una busta nel letto alle 7 del mattino.
A volte ti dà la spinta gravitazionale necessaria per dar il via al tuo fine settimana alcolico.
Ma vorrei non si dimenticasse anche un altro fantastico fenomeno sociologico di migrazione umana, che non smetterà mai di stupirmi: LA GENTE CHE COMPRA DA BERE AL CENTRALE E POI SI METTE A BERE DAVANTI AL LORENZ.
Siete fantastici, siete i miei miti.
Ma vabbè, grazie alle teorie orientali dello Ying e dello Yang, tutto in qualche modo si equilibra sempre; ed è così che la gente del Centrale sale a fare la pipì al Lorenz.

Ora, il LORENZ è la vetrina del Vanity Fair ascolano.
Tutte quelle scarpe col tacco, quegli shatush, quelle sopracciglie maschili spelate, quelle camicie che mostrano petti glabri post-ceretta, quel tripudio di borse Louis Vuitton, quella sobria radiografia completa di cui si è soggetti all’entrata, mi mettono un pochino in soggezione.
Fatto sta che io non riesco ancora a spiegarmi il perché del Lorenz.
Sarà che a me partono irrefrenabili le madonne ogni volta che entro lì dentro.
Non mi soffermerò a discutere sulle esperienze mistiche che ho vissuto nel duo(deno) LORENZ-IDEAL perchè qui si va ben oltre la recensione negativa.
Diciamo che a questo punto nen ve tocchess manc c’ na ceppa longa.
Ah, scusate se ve lo dico, ma questo cartellone coi panini nominati a seconda dei quartieri di Ascoli Piceno non vi sembra giusto un pelino simile a quello di Attù, che dista da voi manco 150 metri?

Per chi non lo sapesse, ATTU' è il locale estremamente social che posta 5740548 miliardi di foto su facebook (“Attù, - qualsiasi frase che finisce con TU”), il locale Mtv che linka video musicali col proprietario e le commesse che ballano e cantano allegramente; è il locale davanti al quale trovate di sera ragazzini vestiti inspiegabilmente tutti uguali e con i capelli sistemati altrettanto similmente. Attù, e sei fatto con lo stampino anche tu…?
L’idea dei panini e dei loro nomi, comunque, è simpatica e per lo meno chi ci lavora si diverte a fare foto e video e a condividerli sul villaggio globale.
E vedere gente che lavora divertendosi è sempre una bella cosa, alla fine.

Una seconda certezza di cui farei volentieri a meno sono I MINOLLI.
Gruppi di minolli standard nei weekend invernali.
Orde barbariche di minolli durante le vacanze estive: Minollo-topia 2.0.

Partiamo da alcune problematiche di fondo.
Innanzitutto questa cosa dei risvoltini sui pantaloni vi sta un attimo sfuggendo di mano.
Da principio c’erano i pantaloni a vita bassa sotto culo, successivamente il cavallo vi è arrivato alle ginocchia.
Poi, d’estate, le minolle hanno iniziato ad andare in giro smutandissime. 
Mi permetterete questo attimo di rabbia: v’avrei preso a calci in culo a tutte quante vedendovi con quei pantaloncini a vita alta e a Iolanda furiosa all’aria. 
Perché delle mutande di jeanse? Perché questo desiderio di rettoscopia? Puozza venì la cistite cronica.

Ora ci sono questi benedettii pantaloni alla zombafuoss. O dovete andare a pescare le carpe o siete indiscutibilmente dei masochisti, perché se vedo delle caviglie al vento quando ci sono -18 gradi, io penso solo all’artrite remautoide che colpirà una intera generazione fra una cinquantina di anni.

Secondo poi, con quei giubetti pelosi in simil peli di ascella mi sembrate dei galli cedroni.

Terzo: cosa vi mettete a fare i pantaloni se poi ci sono degli strappi grandi quanto il buco dell’ozono in stile Presa-d’aria-della-friggitoria.

Io soffro per voi e la vostra situazione l’ho presa a cuore.
Mi troverete presto con un banchetto in centro, con l’impegno sociale di donarvi dei calzetti e delle calzamaglie di lana.
Mi metto vicino a quelli di Casapound, che sembrano andare anche loro matti per i risvoltini e per i banchetti.
Che poi …. che affascinante è la gioventù politicamente attiva.
Mi affascinano soprattutto i minolli nostalgici del ventennio fascista in contrapposizione ai borghesotti sinistroidi; i primi chiamano zecche comuniste i secondi, i secondi chiamano fascistidimerda i primi.
Scusate, il fatto è che mi stupisco perché in verità ero e sono tutt'ora una semplice.
Io a 15 anni leggevo “Cioè” per imparare a conquistare il minollo dei miei sogni e per sapere preventivamente come pomiciarci in maniera efficace, mi compravo  quelle cloache indonesiane dei BonBon Malizia, camminavo su delle inspiegabili Fornarina e mi esaltavo a vedere Goku che diventava Supersayan di IV livello.
Adolescenti, in realtà sto solo cercando di capire se ammiro la vostra passione o se scioccamente aderite a certe ideologie per sentirvi più difesi all’interno di un gruppo.
Ho come il sentore che tra una sessantina di anni, i minolli della nuova generazione metteranno su banchetti pro Isis.

Un terzo punto su cui devo soffermarmi sono QUELLI CHE NON STANNO TANTO CIEND CIEND.
Prima su tutti RITA LA MATTA.
Con Rita non c’è scampo.
Tu sei, ad esempio, davanti al Centrale, lei in fondo alla Piazza, davanti al Ferretti, 80 metri vi separano.
Ti giri e, per una qualche congiunzione astrale, il tuo sguardo incrocia il suo.
E’ fatta.
E’ inutile che fai finta di niente.
Non puoi salvarti, tu sei il prescelto miracolato.
Ti volterai di nuovo, speranzoso di avere ancora possibilità di fuga; ti troverai invece travolto da uno tsunami di stoffe colorate, ciabatte e mollettoni che ti tasta l’inguine, ti tocca le tette e contemporaneamente e che ti chiede “COME TI CHIAMI TU? ELENA? AHHH SAND’ELENA, DICIOTTO AGOSTO!” seguito da una serie di turpiloqui senza apparente filo logico ma che, secondo me, filosoficamente parlando, nascondono verità ultime che noi menti basiche non siamo tenuti a comprendere.
Ma solo io ho avuto modo di assistere ad una Rita ermetica.
Mi puntò, mi raggiunse. Mi chiese "Come ti chiami tu?"
Io risposti, con fierezza "GLORIA".
Lo sgomento sul volto di Rita. Lo sconforto, il silenzio.
Santa Gloria non esiste, e mmò pigghiate quiss.

Avrei tanto voluto assistere ad una conversazione fra Rita, l’uomo urlatore col suo cane Birillo, l’uomo che dice parole a caso (Ma che fine ha fatto?! Sapete come si chiama? Il mio mito. Cammina per piazza proferendo parole random tipo MARTELLO. …BALCONE. ….CAVALLO!!!) e Pino Barba.
A proposito di Pino Barba.
Anni fa lavoravo da Yoghi, nota yogurteria, gelateria, cioccolateria, pasticceria ascolana.
Entra Pino Barba, cantando, come suo solito.
Dopo due o tre dei suoi gorgheggi, mi dice:
“Biondinaaaaah, vorrei un pezzo di pizza margherita!”
Dopo un primo attimo di confusione, rispondo “Guardi, purtroppo qui non vendiamo la pizza”.
Non l’avessi mai detto.
“VAFFANCULOOOO, VAFFANCULO TU, E VAFFANCULO IL GELATO, E VAFFANCULO LA PIZZA”.
Un trauma.
Pino, non volevo infliggerti cotanto dolore.

Ascoli Downtown, tu mi stimoli.
Mi nutri, mi fai ubriacare e mi fai ridere e sorridere.
Viaggerò, vagherò, non mi fermerò,  ma tornerò sempre da te.

Sei bella.
E' rilassante camminare per le rue del tuo centro, sui tuoi san pietrini. 
Guardare le luci di Natale o dei lampadari di Carnevale che si riflettono sul pavimento bagnato.
Guardare Piazza del Popolo e intravedere colle San Marco sul suo sfondo.
E osservare la tua gente, le dinamiche che le legano, le ideologie ed i gusti che le dividono, l'amore per te che alla fine le unisce.

1 commento:

  1. E' così. Ma non è male, in fondo. Certo alla mia età (vegliarda) si apprezza il tran-tran, i costoloni di S. Francesco, le crostatine di Lorenz. E il fatto di poter fare quello che mi pare, fregandomene dei commenti. Ma riconosco in te lo spirito singolare ascolano che pur nel torpore della città si anima per pochi giorni a Carnevale.
    Tante belle cose a venire, piccola.

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