domenica 29 marzo 2015

LA VERITA' E' IMPERFETTA




Una frase che ho sentito proferire spesso nel corso della mia vita è la seguente:

"Cioè, perchè io non ho peli sulla lingua ok?
Io sono una persona sincera, sono trasparente e sono come mi vedi ....
Perchè, ccccioè, io dico le cose vere"

...scusate se prendo le cose con un pò troppa passione, ma spero mi aiuterete a capire cosa cazzo vuole significare la frase ------>  "IO DICO LE COSE VERE".

Innanzitutto.,.
Quali sarebbero queste cose vere?
Prenderò dal dizionario di filosofia e riporterò ivi pari pari il concetto filosofico di verità:

Verità : Carattere di ciò che è vero, conformità o coerenza a principi dati o a una realtà obiettiva, e, in partic., ciò che è vero in senso assoluto.

...e sottolineo CIO' CHE E' VERO IN SENSO ASSOLUTO.

Chi mi conosce abbastanza bene sa che io tendo a non prendere posizioni estreme, perché non è nella mia natura.

Tutto ha mille sfumature di colore, ha tratti e conformazioni diversi a seconda dei punti di vista dal quale lo si analizza.
E tutto ciò credo sia una questione di umiltà.
Il pensiero dal quale parto è "Chi sono io per dire che dico le cose vere in senso assoluto? Chi sono io per stabilire che ciò che dico rimanda ad una realtà oggettiva?"

Vi dirò qual'è la mia considerazione ultima, che potrete condividere o meno.

LE COSE VERE NON ESISTONO.

La verità è un concetto imperfetto.

Sono consapevole di entrare in un circolo instabile e vizioso affermando che l'unica cosa vera è che la verità non esiste, perché se la verità non esiste, allora non esiste neanche la verità del fatto che la verità non esiste.

E ciò risulta dal fatto che se per me una cosa è Y, per qualcun'altro può benissimo essere X.

Non trovate anche voi grottesca la figura televisiva dell'opinionista?

Posto che ormai, nella TV italiana, pure un cane pastore maremmano analfabeta che abbaia solo in macedone potrebbe fare l'opinionista, è tediante vedere che per fare ascolti si mettano tot numero di "opinionisti" a scannarsi animatamente davanti alle telecamere.
E tutto l'amaro scaturisce dal fatto che queste scenette rappresentano perfettamente la maniera di confrontarsi all'italiana.

Non si discute per dar vita ad un sano confronto di idee ed opinioni diverse.
Al contrario.
Lo scopo è battibeccarsi per imporre la propria idea come quella assoluta.
Come determinarla come COSA VERA.

Sarebbe tutto più sano se capissimo definitivamente che il mondo è bello perché pieno di prospettive.
Sarebbe tutto più pacifico se accettassimo l'idea diversa con curiosità e stimolo.

Tornando al discorso di partenza, in secondo luogo, c'è un'altra cosa che tollero poco.

Le persone che asseriscono "Io non ho peli sulla lingua e dico le cose vere" sono spesso le stesse prive di qualsivoglia tatto o consapevolezza sociale.
Voglio dire : se, ad esempio, un ragazzo è obeso, non c'è bisogno di andare a dirglielo perché "dici le cose vere".
Se una ragazza va in giro vestita come se fosse uscita da un incidente con Moira Orferi e Lady Gaga, io posso benissimo opinare che il suo stile sia tutto fuorché sobrio ed elegante, ma non c'è la necessità che io vada a farglielo notare.

Io credo questo:
Ognuno è libero di essere come vuole.
Parallelamente, ognuno è altrettanto libero di avere un'opinione sulla libertà di essere altrui.
Poi, dal mio punto di vista, purtroppo molte persone si sentono libere di esprimere il proprio concetto senza limiti e freni.
Ma la libertà prima di tutto; perciò io sono libera di non condividere questi atteggiamenti che mi puzzano più di esibizionismo che di reale sincerità.

Non bisogna essere sinceri a tutti i costi.
E questo non significa che dovremmo tutti dire delle cazzate, ma a volte sarebbe meglio tacere.

Perché tacere non vuol dire essere bugiardi.

Meno filtri per le sigarette, più filtri tra cervello e bocca.

Gloria

lunedì 16 marzo 2015

SPREADING DISAGIO FROM 1987.




Stavo galleggiando in uno di quei pomeriggi uggiosi attraenti quanto una colica renale dopo il pranzo di Pasqua.
All'improvviso, senza un apparente motivo razionale, sono caduta in un buco nero che mi ha portato a ritroso nel tempo, catapultando la mia mente su eventi a cui posso collegare una sola parola.

DISAGIO.


Io direi che da un punto di vista matematico, considerando una media ponderata mondiale, passiamo il 60% della nostra vita terrena in situazioni di disagio, arrecateci da altri o da noi create.

Però il disagio è bello, perchè è democratico.
Esso ci accumuna tutti, indistintamente.
Il disagio è giusto e corretto, come tutte le leggi dovrebbero essere.

Vorrei dunque proporre un'attività didattica molto poco costruttiva.

Condividerò con voi brevemente 8 momenti di disagio della mia amena esistenza.
E se mi vorrete bene, dividerete con me e col mondo i vostri  momenti di disagio.
E questo perchè - ci tengo a ricordarvelo - In disagio we are not alone. 
Ma soprattutto "mal comune, mezzo gaudio".

1. IL LIQUORE STREGA.
In un giorno di inizio estate, la maestra Ida, di origine campana, decide di portare a scuola una bottiglia di liquore Strega (grado alcolico 40%).
E decide spontaneamente di farlo bere alla classe II A.
Un cucchiaione di liquore strega a testa, a 20 bambini di 7 anni.

Dopo quel giorno, un'altra maestra diede le dimissioni e lasciò alla classe una lettera dove ci disse che non gli mancavamo affatto.
C'è pigliato furia 'bbè.

2. THE FALL.
Seconda media, ore 13.05. L'ora di punta.
Esco fuori dall'atrio della scuola insieme a orde di altri ragazzini puzzolenti.
Attraverso la strada, mi inciampo con i lacci delle scarpe.
Cado come una quercia secolare sulle strisce pedonali; un cristo che manco cristo se lo ricorda.
Le macchine che mi strombazzano perchè rantolo como una tartaruga arenata sul guscio, tutti i minolli della scuola che mi indicano e ridono.
Ovviamente pure le amiche mie.
Semplice, adolescenziale ma molto traumatico.

3. ESSERE UN NIDO D'AMORE.
12 anni, campo Scout.
Per motivi di causa superiore, devi dormire nella tenda di un altro gruppo.
Il destino vuole che vicino a te c'è una delle ragazze più grandi.
Che limona duro con un tipo del gruppo.
Esattamente SOPRA di te. Che fai finta di dormire, per pudore.
Ti svegli, sempre nel sacco a pelo ma fuori dalla tenda; la faccia, la bocca e le mutande piene di foglie.
Probabilmente non sono rimasta incinta perchè ancora non avevo le mestruazioni.
Meno male che avevo già iniziato a leggere Cioè da un paio di anni.

4. JUMANJI
Stesso campo Scout.
Per i bisogni, in certi frangenti, ci sarebbe la latrina appositamente creata dai capi scout.
Solo che la latrina puzza un bel pò di latrina, e l'odore si sente a 3 km di distanza.
Decidi che sei scout abbastanza per fare i tuoi bisogni in mezzo ai cespugli.
Sarebbe stato tutto molto bello e intenso se non fosse che, mentre fai la pipì, all'improvviso una mandria di cavalli ti assale al galoppo e tu scappi come farebbe un pinguino in coma, perchè nel frattempo stai cercando contemporaneamente di tirarti su i pantaloni.
Rientri trionfamente nel campeggio scout urlando come il bambino di "Mamma ho perso l'aereo", con i cavalli che continuano a rincorrerti.

5. L'INGLESE AL TEMPO DEI PIDOCCHI
Prima esperienza all'estero in Irlanda, con i compagni di scuola.
Un giorno scoprimmo di aver preso i pidocchi.
Ai tempi il mio inglese era ai livelli di "De chet is on de tebol", ma mi presi comunque la briga di informare dell'accaduto la madre ospitante.
Orgogliosa dei miei sforzi, pensavo di averle detto "Non sappiamo come sia successo, però fondamentalmente i pidocchi si possono prendere ovunque, in qualsiasi momento, in situazioni di luoghi affollati".
La signora, con mi agrande sorpresa, divenne di vari colori e si fiondò al telefono.
Urlava, non la capivo.
Ma a na certa sti cazzi.
A distanza di mesi venni a sapere che le avevo detto "Sò pigghiat li piduocchie a casa tuò perchè qua è tutt zuzz, shhhhchifosa".

6.  PIKACHU 2.0
Giappone 2010.
Nell'università che frequentavo c'è una grande sala dove ci si può fermare a chiacchierare, studiare o fare i compiti durante le pause.
Congiunture (o congiure) astrali vollero il concomitarsi di due circostanze.
Io: italiana con le mestruazioni che deve studiare pesantemente per un esame;
Lei: una giapponese infoiata che la sbatte in faccia ad un americano.
Dopo più o meno 5648 "uaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaah", "uiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii", urli e schiamazzi in giapponese, io sbotto.
Divento Supersayan di IV livello.
E urlo:
"OOOOOOOOOOOOOOOOOOOOHEPORCALAPUTTANA EBBBBBASTA UN PO', STO CAZZODEPOKEMONDEMMERDAAAH!!!"
Tutta la sala si gira a fissarmi. Il silenzio che scende insorabile.
Stending ovation da parte del mio tavolo.
La giapponese, sull'orlo di una crisi di pianto, si siede e non fiata più.
Ho fatto la figura dell'occidentale belligerante. Ma in verità in verità vi dico che l'esame l'ho passato.

7. ESSERE [SOPRA] UN NIDO D'AMORE
Spagna 2011.
Sentendomi un pò tour operator, decisi di prendermi la responsabilità di prenotare gli alberghi per un tour in Spagna.
A Sevilla, e lo dico con grande orgoglio, ho inconsapevolmente prenotato una stanza in un Love hotel.
Una stanza per 3 senza bagno, ma con la doccia in camera. Tra i letti.
Le valigie non entravano in camera.
Già c'era disagio nell'aria, soprattutto nella doccia.
1.30 di notte, sonno profondo.
Vengo svegliata da una coppia che stava facendo cosacce animatamente. E vabbè.
Si fa l'1.45.
Le 2.
Le 2.30, e quei marsupiali che ancora gli riddavano.
A na certa smadonni.
Mi alzo, con scatto di felino brillo mi fiondo sul letto della mia amica - precisamente sopra la mia amica - ed inizio ad urlare dalla finestra.
"EPORCOMOSENEVA, MO' CE VENG EH! LA FENETRA SE SERRA!! (????)"
Tutto l'hotel percula il mio spagnolo, pure i ricci in amore che si sguaiavano dalle risate.
Incazzata come una fina continuo ad urlare.
Mia sorella fa finta di non essere lì; la mia amica, ormai svegliata, grazie a dio si unisce ai miei cori.
ROCCCCCO, ROCCCCCO, ROCCCCCO!! L'hotel ci appoggia.
Si addormentarono finalmente alle 4 della mattina.
Il giorno dopo mandiamo a fanculo la Spagna e torniamo a casa, lasciando le mie mutande in aeroporto perchè sennò Giada non si poteva riportare il Narghilè.

8.ALLAH AKBAR: ALLAH E' GRANDE E QUINDI FA ANCHE MOLTO RUMORE
Istanbul, 2012.
Stai dormendo in hotel dopo un'estenuante giornata di turismo.
Nel bel mezzo della fase rem, vieni svegliata da delle urla.
Ti viene na paralisi, la tachicardia, le urla si ripetono e diventano più forti e chiare.
Inizi a menare al tuo ragazzo, lui continua a dormire.
Comincia la crisi di nervi, temi per la tua vita.
E siccome Valerio non si sveglia, temi che le voci le senti solo tu.
E ti senti un attimino come Nicole Kidman in the Others.
E quindi ipotizzi di essere già morta.
"OOOOOOOOOOOH MA VALE' CAZZO LA GUERRIGLIA URBANA E TU STAI A DORMì! LA RIVOLUZIONE!! LA PRIMAVERA ARABA OOOOOH! MA TI SVEGLI, CHE IO NON VOGLIO MORì IN TURCHIA!"
Risposta " Ohamòmavvaffanculo quanto sei ignorante, sono le preghiere dei minareti!"
......Io vorrei vedè a voi svegliati alle 5 del mattino a suon di Allah Akbar.

Spargete il disagio, spargete il verbo.

E condividitelo, vi accetteremo in questo poco esclusivo club di Amore&Disagio.

Gloria

domenica 8 marzo 2015

ESSERE DONNA 364 GIORNI ALL'ANNO + 1.




Io non sono femminista.
Ma alla fine nemmeno molto maschilista.
Diciamo che, in generale, non sono per queste estremizzazioni di genere e di pensiero.

Quello che comunque mi incuriosisce, ad esempio, è che sia necessario uno specifico giorno sul calendario per festeggiare la donna.
Come, ad esempio, mi affascina il bisogno di dimostrare l'orgoglio dei propri sentimenti attraverso il gay pride.
Ugualmente mi fa pensare il fatto che ci sia un determinato giorno dell'anno, il 14 febbraio, per celebrare l'amore.

A voi non sembrano delle forzature?

Prendiamo come esempio l'otto marzo.

Cosa vuol dire essere donna? Molteplici cose.
Essere donna porta con sè croci e mieli.
Essere donna vuol dire saper sopportare il dolore fisico, per forza di cose.
Vuol dire essere in balia dell'umore, dell'ormone e della mestruazione.
Vuol dire vivere il diritto di essere fragile.
La donna è romanticismo e calore.
La donna è un rifugio primordiale.
La donna è morbidezza, ospitalità, coinvolgimento.
La donna rappresenta il bisogno di accudire, di sentirsi necessaria e di aiuto.
Vivere da donna vuol dire arrabbiarsi perchè ci si sente incomprese, urlare e screpitare contro il mondo, sclerare perchè la tavoletta del bagno deve stare abbassata, non alzata.

Una visione di superficie si fermerebbe qui.
Ma non dovrebbe.

La donna è la ragazza madre che si sveglia ogni mattina alle quattro e mezza per andare a lavoro e mantenere da sola il proprio figlio.
La donna è nella ragazza che rispetta sè stessa e non indossa vestiti inguinali o scollature da capogiro, perchè sa che la femminilità passa indissolubilmente attraverso l'eleganza ed il cervello.
La donna è l'imprenditrice che mette su un'attività col cuore, e la porta avanti con i denti e le unghie.
La donna è anche colei che, in una società possibilmente non coatta, liberamente ed autonomamente decide che il suo credo è quello islamico ed altrattanto liberamente si copre col velo.
Io non condivido la religione, ma appoggerò fino alla fine la libertà di ognuno di professare il proprio credo.
Sono libera di esprimere la mia opinione contraria, ma combatterò per fare in modo che la libertà religiosa non trovi ostacoli di alcun genere.
C'è una vera donna, laddove il velo sia una libera scelta e non un'imposizione.
La donna è la ricercatrice scientifica, l'ingegnere, la matematica, la cuoca, linsegnante, la commessa, l'infermiera, la dottoressa, l'impiegata, la ballerina, la giornalista e così via.

La donna è, alla fine dei conti, un essere umano.
Esattamente come l'uomo.

Ed è triste che esista un giorno preciso il cui scopo è decantare le donne.

Essere donna è parte della nostra vita, perchè dovremmo festeggiarlo?
Dal mio punto di vista, l'otto marzo crea l'effetto contrario di ciò che vuole celebrare; si svilisce la nostra credibilità, crolla qualsiasi concetto di parità.
Come le Femen che si spogliano per difendere i diritti della donna.
La mente è l'arma più forte di cui possiamo disporre per arrivare ad un obiettivo concreto, non di certo un paio di tette all'aria.

Tutto questo teatrino della festa della donna è evidentemente più un contentino concettuale sui generi, una spintarella al commercio, una scusa di libera uscita per le casalinghe disperate e sgallettate.

La donna non va festeggiata nè nell'arco di tutto l'anno, nè in una giornata specifica.

Essere donna è qualcosa che prescindere da tutto ciò, che va vissuto, serenamente. Punto e basta.
Se sei bionda o mora, lo festeggi?
Se hai gli occhi azzurri?
Se sei uomo, lo festeggi?
Se sei di colore, asiatico, caucasico o sudmaericano, lo festeggi?
NO.
Perchè è una tua caratteristica di base.

E ricordiamoci che la donna ha le stesse possibilità dell'uomo.
Tutto sta nella forza di volontà di ognuna di noi, nelle nostre scelte di vita e nei sacrifici che vogliamo affrontare.
I limiti che ci poniamo e che pensiamo di avere sono tutti espressi nell'esistenza di questo maledetto otto marzo.

Anselma Dell'Olio, demoralizzata, dice "Il femminismo ha perso. Detesto l'otto marzo perchè dimostra che gli altri 364 giorni sono appannaggio dei maschi".
La verità è che i giorni dell'anno non devono essere appannaggio di nessuno.
La festa della donna va abolita perchè non c'è nulla da festeggiare, nulla da ricordare.
Gli altri 364 giorni dell'anno vi dimenticate forse magicamente di essere donne?

Essere femmina è parte del nostro dna, è una costante della nostra vita, non una peculiarità da esaltare e rievocare l'otto marzo.
Non inneggiate alla parità dei sessi al mattino, per poi esigere implicitamente che il vostro compagno vi paghi la cena la sera.
Non esaltate la superiorità del sesso femminile un giorno, per poi pretendere che lui lavori, mantenendovi, con la scusa della crisi.
Aggiungerei anche il caso Boldrini, nel suo ridicolo impuntarsi sul genere delle professioni.
Esistono il senatore e la senatrice, il presidente e la presidentessa, l'operaio e l'operaia; e tutte queste parole hanno una forma diversa, ma la stessa importanza e lo stesso contenuto.
Se lei è donna, perchè dovrebbe utilizzare, su di lei stessa, un termine che nella lingua italiana è di genere maschile?
La mia opinione è che, indirettamente, lei così svilisca il termine femminile ed elevi quello maschile, scegliendolo come adatto a descrivere la sua posizione.

Siate e sentitevi donne sempre.
E siate fiere di esserlo, gioiose ed appagate della vostra quotidiana ed intrinseca femminilità.

sabato 7 marzo 2015

TIME.




Sto vivendo un bel momento della mia vita.
Probabilmente il più bel momento della mia vita finora, perchè dispongo di tutto ciò che per me è necessario per vivere una esistenza serena.

Ognuno ha la propria personale scala di valori.
Nella mia, al primo posto ci sono l'indipendenza e la libertà.
Concetti di cui non potevo godere ai tempi dell'infanzia, dell'adolescenza e dell'università.

Probabilmente sarò un pò in controtendenza, ma per me la giovinezza non è nè il periodo massimo nè il più bello della vita.
E' stato un ventennio che ho sempre vissuto con una marea di riserve, perchè non sentivo le ali per prendere il volo, perchè non mi sentivo a mio agio, perchè mi sentivo incatenata, perchè non mi sentivo al punto di partenza.
La sensazione era di stanchezza.
Arrancavo da un appiglio all'altro per capire da dove potevo iniziare finalmente a plasmarmi.
Sarà che sono nata per lo più priva di spensieratezza, ma l'instabilità non è nel mio carattere.

Da giovane, in fondo, sei una bozza di quel che diventerai.
Sei come argilla sul tornio, in definizione, nervoso e in movimento, alla ricerca della tua forma finale.
Da giovani purtroppo si pecca spesso di superbia, pensando di essere diventati, infine, un vaso.
Io invece giravo su me stessa, lentamente, timorosa ma consapevole di essere ancora sul tornio, in attesa di trovare il mio profilo.

Dopo l'abbozzo finale nel periodo dell'università, dopo le prime esperienze lavorative, eccomi.
Un vaso di ceramica, neutro ma con una forma.
La struttura di ognuno contiene le esperienze di vita, le persone che hai conosciuto, la rabbia, le gioie, le paure superate e quelle rimaste.
E' questo, per me, il punto di partenza.
Ciò non vuol dire che ciò che verrà dopo rimarrà inespresso su di noi.
Dopo la conformazione viene la decorazione.
Ora posso iniziare ad adornarmi a mio piacimento; posso personalizzare il mio vaso, perchè sia unico nel suo genere.

Ma c'è un singolo pensiero, una nostalgia rimasta nascosta, come un piccolo graffio nel fondo di questo vaso.
Guardandomi indietro, l'unica cosa che mi manca davvero è il tempo.

Come da copione, ti rendi conto della reale entità di qualcosa solo quando ti scappa via dalle mani.

Ricordo le estati adolescenziali, i momenti di relax dopo gli esami, dopo la discussione di laurea.
Ricordo perfettamente di quanto tempo disponessi.
Ed il tempo, allora, era semplicemente il tempo.
I secondi, le ore, i minuti, i giorni e così via.
Una questione scientifica, fatta di numeri indicati dalle lancette dell'orologio.

Poi, fortunatamente o meno, all'improvviso la tua vita inizia a seguire il passo dell'orario di lavoro.
E così vivi, quotidianamente, la tua giornata, una settimana dopo l'altra.
Fino a che, puntuale, il tempo ti si palesa violentemente davanti.
In tutto il suo valore.

E' come la legge della domanda e dell'offerta.
Un'alta offerta equivale all'abbassamento dei prezzi; una domanda alta equivale all'esatto opposto.

Il valore che si dà al tempo quando si inizia a lavorare è inimmaginabile.
Lasciate perdere le vacanze di lusso, le macchine costose, il vestito di marca.
Non c'è nulla a cui potrete mai comparare il tempo, perchè è un valore interiore.
Un valore esistenziale.
Guardi quello che stai facendo e, contemporaneamente, lo rapporti al tempo.
Ed arrivi a certe quesiti e determinate conclusioni.

Quanto tempo ho sprecato a procrastinare in passato?
Ed il tempo che sto vivendo adesso, nella maniera in cui lo sto vivendo, sarà sprecato anch'esso?
Qual'è la qualità del mio tempo attuale?
Come faccio ad innalzare il prestigio personale del mio tempo?
Teoricamente, la vita è ancora lunga, ma è pur sempre imprevedibile.
E la sensazione, dopo un pò, è come di stare sprecando un bene oltremodo primario.
Si è come un pezzo di terra a cui sono stati bloccati gli accessi all'acqua.
Un pezzo di terra secco ed inaridito.

Ed io, allora, cosa sto facendo, per vivere intensamente i minuti che, uno dopo l'altro, tessono il mio tempo?
Non lavori: hai tempo ma non hai i soldi.
Lavori: hai i soldi ma non hai il tempo.
Ed è incredibile come, magicamente, la considerazione che si ha della moneta rimpicciolisca, schiacciata dal valore dell'importanza di un bene astratto di pregio qual'è il tempo.

Nel mio piccolo di singolo essere umano, mi basta osservare il mio tempo inafferrabile per comprendere la lingua di coloro che dicono che siamo una società in crisi.

Il tempo, alla fine, è il prezzo della libertà e dell'indipendenza?



domenica 1 marzo 2015

ASCOLI PICENO DOWNTOWN - SOTTILI EQUILIBRI SOCIOANTROPOLOGICI




La sottoscritta vive IN Ascoli.

Alla fine delle scuole superiori ero tutta un fermento, non vedevo l'ora di andare via e di scoprire forme di vita al di fuori dei confini del Tronto e del Castellano, espressioni dialettali che rimpiazzassero adeguatamente l’imprescindibile ARUSCTA FURIA e l'ermeticissimo SCI OH, alimenti che potessero essere tanto perfetti quanto una pallina fritta fatta di oliva, carne, formaggio e panatura.

Dopo 5 anni a Perugia, vari viaggi, mille incontri e 7 mesi in Giappone, torno a casa.

Per scoprire che “no place is like home”.

Sia chiaro, Ascoli Piceno ha i difetti che ha, che sono molteplici. Ma solo abbandonando ciò che è di nostra abitudine, troviamo un’angolatura diversa che ci mostra, all’improvviso, prospettive che non avevamo modo di cogliere prima.

Partite, viaggiate, gustate pietanze mai provate, parlate con sconosciuti, imparate una nuova lingua, scoprite il diverso.
Vedrete che, così facendo, l’occhio si affina, la mente diventa più ricettiva, l’empatia nasce spontanea.

Ebbene, una cosa di cui mi sono convinta nel corso del tempo è che il centro di Ascoli Piceno è un girone dantesco non indifferente.

Vi informo che seguiranno una serie di opinioni personali sui soggetti e sui locali che così tanto caratterizzano le strade del capoluogo Piceno.

Le mie certezze del sabato e della domenica ascolani partono senza meno dal concetto di APERITIVO.

Non c’è e mai ci sarà un fine settimana senza aperitivo.
Che sia un aperitivo al volo, un aperitivo pre-cena, un aperitivizzare duro, un aperitivo lungo che finisce alle sei di mattina sulla tazza del cesso o un perenne aperitivo state of mind, l’aperitivo regna incontrastato nei nostri weekend e così per sempre sarà, amen.
Voi dove andate a fare aperitivo ad Ascoli Piceno?
Io, personalmente, nell’80% dei casi vado al DOC&DOP.
Nel caso non lo conosciate,  è una piccola degusteria, quel punto di luce tra Piazza del Popolo e Piazza Roma.
Non c’è nulla, e sottolineo NULLA, al DOC&DOP, che non trasudi qualità.
Qualità dei vini, qualità del cibo, qualità dell’arredamento e, soprattutto, qualità delle persone.
E, comunque, sarà che io sono un po’ cretina, ma già quando mi vedo arrivare gli stuzzichi serviti su mini pentoline e con mini posatine vado in brodo di giuggiole e riscopro la palla di ciccia di 5 anni che il 25/12/1992 svegliò tutto il quartiere a suon di “UIII UIII UIIIII” perché aveva ricevuto il tanto agognato cucinotto Nuovelle Cuisine.
Alla soglia dei 30 anni scopro allora che Babbo Natale in realtà si chiama Laura, non pesa 120 Kg, non ha la barba e nemmeno il vestito rosso.
Il suo hobby non è calarsi giù dai camini, ma la degustazione di vini.
Per lo meno lei non mi mette nella lista dei bambini cattivi se prendo la gazzosa o il chinotto al posto di un bicchiere di Pecorino, ma sa sempre consigliarmi il vino adatto nei miei giorni più alcolici.

Questo non vuol dire che io tradisca anni ed anni di relazione intramontabile con il CENTRALE.
Lasciatemelo dire, l’unico locale grande 2x2 metri che ha una clientela che potrebbe fare benissimo occupazione di Piazza del Popolo.
Una delle costanti della mia gioventù è stata “Ci si vede alle dieci al Centrale”.
Il centrale è indiscutibilmente il buco nero del weekend.
Perchè tutto orbita intorno al Centrale e ne è attratto.
Questo locale a volte ti risucchia e, per strani meccanismi della fisica quantistica, dopo un lasso indefinito di buio, ti ritrovi magicamente a vomitare in una busta nel letto alle 7 del mattino.
A volte ti dà la spinta gravitazionale necessaria per dar il via al tuo fine settimana alcolico.
Ma vorrei non si dimenticasse anche un altro fantastico fenomeno sociologico di migrazione umana, che non smetterà mai di stupirmi: LA GENTE CHE COMPRA DA BERE AL CENTRALE E POI SI METTE A BERE DAVANTI AL LORENZ.
Siete fantastici, siete i miei miti.
Ma vabbè, grazie alle teorie orientali dello Ying e dello Yang, tutto in qualche modo si equilibra sempre; ed è così che la gente del Centrale sale a fare la pipì al Lorenz.

Ora, il LORENZ è la vetrina del Vanity Fair ascolano.
Tutte quelle scarpe col tacco, quegli shatush, quelle sopracciglie maschili spelate, quelle camicie che mostrano petti glabri post-ceretta, quel tripudio di borse Louis Vuitton, quella sobria radiografia completa di cui si è soggetti all’entrata, mi mettono un pochino in soggezione.
Fatto sta che io non riesco ancora a spiegarmi il perché del Lorenz.
Sarà che a me partono irrefrenabili le madonne ogni volta che entro lì dentro.
Non mi soffermerò a discutere sulle esperienze mistiche che ho vissuto nel duo(deno) LORENZ-IDEAL perchè qui si va ben oltre la recensione negativa.
Diciamo che a questo punto nen ve tocchess manc c’ na ceppa longa.
Ah, scusate se ve lo dico, ma questo cartellone coi panini nominati a seconda dei quartieri di Ascoli Piceno non vi sembra giusto un pelino simile a quello di Attù, che dista da voi manco 150 metri?

Per chi non lo sapesse, ATTU' è il locale estremamente social che posta 5740548 miliardi di foto su facebook (“Attù, - qualsiasi frase che finisce con TU”), il locale Mtv che linka video musicali col proprietario e le commesse che ballano e cantano allegramente; è il locale davanti al quale trovate di sera ragazzini vestiti inspiegabilmente tutti uguali e con i capelli sistemati altrettanto similmente. Attù, e sei fatto con lo stampino anche tu…?
L’idea dei panini e dei loro nomi, comunque, è simpatica e per lo meno chi ci lavora si diverte a fare foto e video e a condividerli sul villaggio globale.
E vedere gente che lavora divertendosi è sempre una bella cosa, alla fine.

Una seconda certezza di cui farei volentieri a meno sono I MINOLLI.
Gruppi di minolli standard nei weekend invernali.
Orde barbariche di minolli durante le vacanze estive: Minollo-topia 2.0.

Partiamo da alcune problematiche di fondo.
Innanzitutto questa cosa dei risvoltini sui pantaloni vi sta un attimo sfuggendo di mano.
Da principio c’erano i pantaloni a vita bassa sotto culo, successivamente il cavallo vi è arrivato alle ginocchia.
Poi, d’estate, le minolle hanno iniziato ad andare in giro smutandissime. 
Mi permetterete questo attimo di rabbia: v’avrei preso a calci in culo a tutte quante vedendovi con quei pantaloncini a vita alta e a Iolanda furiosa all’aria. 
Perché delle mutande di jeanse? Perché questo desiderio di rettoscopia? Puozza venì la cistite cronica.

Ora ci sono questi benedettii pantaloni alla zombafuoss. O dovete andare a pescare le carpe o siete indiscutibilmente dei masochisti, perché se vedo delle caviglie al vento quando ci sono -18 gradi, io penso solo all’artrite remautoide che colpirà una intera generazione fra una cinquantina di anni.

Secondo poi, con quei giubetti pelosi in simil peli di ascella mi sembrate dei galli cedroni.

Terzo: cosa vi mettete a fare i pantaloni se poi ci sono degli strappi grandi quanto il buco dell’ozono in stile Presa-d’aria-della-friggitoria.

Io soffro per voi e la vostra situazione l’ho presa a cuore.
Mi troverete presto con un banchetto in centro, con l’impegno sociale di donarvi dei calzetti e delle calzamaglie di lana.
Mi metto vicino a quelli di Casapound, che sembrano andare anche loro matti per i risvoltini e per i banchetti.
Che poi …. che affascinante è la gioventù politicamente attiva.
Mi affascinano soprattutto i minolli nostalgici del ventennio fascista in contrapposizione ai borghesotti sinistroidi; i primi chiamano zecche comuniste i secondi, i secondi chiamano fascistidimerda i primi.
Scusate, il fatto è che mi stupisco perché in verità ero e sono tutt'ora una semplice.
Io a 15 anni leggevo “Cioè” per imparare a conquistare il minollo dei miei sogni e per sapere preventivamente come pomiciarci in maniera efficace, mi compravo  quelle cloache indonesiane dei BonBon Malizia, camminavo su delle inspiegabili Fornarina e mi esaltavo a vedere Goku che diventava Supersayan di IV livello.
Adolescenti, in realtà sto solo cercando di capire se ammiro la vostra passione o se scioccamente aderite a certe ideologie per sentirvi più difesi all’interno di un gruppo.
Ho come il sentore che tra una sessantina di anni, i minolli della nuova generazione metteranno su banchetti pro Isis.

Un terzo punto su cui devo soffermarmi sono QUELLI CHE NON STANNO TANTO CIEND CIEND.
Prima su tutti RITA LA MATTA.
Con Rita non c’è scampo.
Tu sei, ad esempio, davanti al Centrale, lei in fondo alla Piazza, davanti al Ferretti, 80 metri vi separano.
Ti giri e, per una qualche congiunzione astrale, il tuo sguardo incrocia il suo.
E’ fatta.
E’ inutile che fai finta di niente.
Non puoi salvarti, tu sei il prescelto miracolato.
Ti volterai di nuovo, speranzoso di avere ancora possibilità di fuga; ti troverai invece travolto da uno tsunami di stoffe colorate, ciabatte e mollettoni che ti tasta l’inguine, ti tocca le tette e contemporaneamente e che ti chiede “COME TI CHIAMI TU? ELENA? AHHH SAND’ELENA, DICIOTTO AGOSTO!” seguito da una serie di turpiloqui senza apparente filo logico ma che, secondo me, filosoficamente parlando, nascondono verità ultime che noi menti basiche non siamo tenuti a comprendere.
Ma solo io ho avuto modo di assistere ad una Rita ermetica.
Mi puntò, mi raggiunse. Mi chiese "Come ti chiami tu?"
Io risposti, con fierezza "GLORIA".
Lo sgomento sul volto di Rita. Lo sconforto, il silenzio.
Santa Gloria non esiste, e mmò pigghiate quiss.

Avrei tanto voluto assistere ad una conversazione fra Rita, l’uomo urlatore col suo cane Birillo, l’uomo che dice parole a caso (Ma che fine ha fatto?! Sapete come si chiama? Il mio mito. Cammina per piazza proferendo parole random tipo MARTELLO. …BALCONE. ….CAVALLO!!!) e Pino Barba.
A proposito di Pino Barba.
Anni fa lavoravo da Yoghi, nota yogurteria, gelateria, cioccolateria, pasticceria ascolana.
Entra Pino Barba, cantando, come suo solito.
Dopo due o tre dei suoi gorgheggi, mi dice:
“Biondinaaaaah, vorrei un pezzo di pizza margherita!”
Dopo un primo attimo di confusione, rispondo “Guardi, purtroppo qui non vendiamo la pizza”.
Non l’avessi mai detto.
“VAFFANCULOOOO, VAFFANCULO TU, E VAFFANCULO IL GELATO, E VAFFANCULO LA PIZZA”.
Un trauma.
Pino, non volevo infliggerti cotanto dolore.

Ascoli Downtown, tu mi stimoli.
Mi nutri, mi fai ubriacare e mi fai ridere e sorridere.
Viaggerò, vagherò, non mi fermerò,  ma tornerò sempre da te.

Sei bella.
E' rilassante camminare per le rue del tuo centro, sui tuoi san pietrini. 
Guardare le luci di Natale o dei lampadari di Carnevale che si riflettono sul pavimento bagnato.
Guardare Piazza del Popolo e intravedere colle San Marco sul suo sfondo.
E osservare la tua gente, le dinamiche che le legano, le ideologie ed i gusti che le dividono, l'amore per te che alla fine le unisce.