lunedì 11 marzo 2013

DUE ANNI DOPO IL TERREMOTO.

 塵も積もれば山となる 

Chiri mo tsumoreba yama to naru

Anche la polvere può diventare una montagna.

Sono passati due anni dal terremoto e dallo tsunami che hanno colpito il Giappone e, come molti che mi conoscono già sanno, io ero lì.
Ma, fortunatamente, ero ad Osaka, ben più a sud rispetto all'epicentro del cataclisma.

L'11 marzo 2011 è una data che ha avuto modo di dare molti significati e sensi alla mia vita e alla mia visione del mondo.

Sulla delicatezza della vita umana; su quanto siamo deboli, su quanto ci impegnamo una vita ad accumulare cose, necessarie o meno, che poi la natura ci può portare via con una velocità ed una facilità devastanti.
Ma quando tutto ci viene portato via, ci ricordiamo di quanto siamo umani, di quanto siano importanti gli esseri umani che ci circondano, di quanto sia fondamentale nutrire la nostra anima, di quanto sia importante amare, di come la necessità prima debbano essere le relazioni umane.
Ed è molto triste arrivare a queste considerazioni di fondo, a questa essenza basilare, solo quando ci troviamo spogliati di tutto il resto.

Il paradosso dei paradossi.
Diamo un senso a tutto solo quando veniamo catapultati nel vuoto, dove il tutto manca.

Dopo gli eventi dell'11 marzo ho capito la forza del popolo giapponese, che al popolo italiano manca.
Ho capito che la sofferenza va vissuta interiormente, va tenuta dentro e gestita, per fare in modo che l'emozioni che essa scatena possano tramutarsi in qualcosa di costruttivo.
Ho capito che un senso di comune appartenenza e di sacrificio porta a qualcosa di buono; ho capito che sentirsi parte di una collettività, che essere integrato in un gruppo che dona un significato alla tua individualità può essere riduttivo per la libertà personale, ma la libertà può stare anche nello scegliere di rinunciare parzialmente alla propria libertà per un più alto bene comune, per il bene della collettività.

In fondo, alla fine, non possiamo ritenerci mai completamente liberi.
Siamo soggiogati dalla natura e dal destino.
Nel nostro piccolo, abbiamo modo di gestire gli eventi aprendoci alle possibilità.
Non vorrei cadere nell'ovvio, ma "STAY HUNGRY" è un concetto giusto ed esemplare: bisogna essere affamati, ricettivi, vogliosi, interessati, curiosi.
Bisogna aprirsi delle porte, e se non si hanno le chiavi ci stanno sempre i piedi di porco e le sprangate.
Insomma....possiamo aver controllo della nostra vita, ma nella consapevolezza che il destino ne ha ben più di noi.

Ad ogni modo, questo è il mio augurio per il popolo giapponese, è il mio omaggio ad una nazione che, nonostante fortemente discussa dalla sottoscritta sul settore sociale, non finisce mai di stupire per la sua forza d'animo, per il senso di sacrificio, per la dedizione, per il senso del dovere.

Dovremmo tutti essere un pò giapponesi, in fin dei conti.

Gloria

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